Cloud Security

Cloud Infrastructure Entitlement Management (CIEM): aggiornamento della Strategia IAM

23 Giu , 2025  

Scopri come il Cloud Infrastructure Entitlement Management (CIEM) colma le lacune della strategia IAM tradizionale, offrendo visibilità, controllo granulare e sicurezza proattiva in ambienti cloud e multi-cloud complessi.

Introduzione

Nell’era della trasformazione digitale accelerata, le organizzazioni si trovano ad affrontare una sfida di sicurezza senza precedenti. La migrazione massiva verso il cloud, intensificata dalla pandemia globale e dalle esigenze di lavoro remoto, ha creato un ecosistema IT caratterizzato da una complessità che supera di gran lunga tutto ciò che abbiamo visto in passato. Secondo le ultime ricerche di settore, l’83% delle organizzazioni utilizza ora architetture multicloud, con una media di 2.6 cloud pubblici e 2.7 cloud privati per azienda.

La gestione delle identità e degli accessi (IAM) è da tempo una pietra angolare della sicurezza informatica aziendale. Tuttavia, con la rapida adozione del cloud computing e l’emergere di architetture multicloud complesse, le metodologie IAM tradizionali si sono rivelate insufficienti. La proliferazione di identità, sia umane che di macchine, e la granularità sempre maggiore dei permessi, hanno creato un nuovo e significativo vettore di rischio: la gestione degli entitlement in cloud.

Questa evoluzione ha portato all’emergere di quello che molti esperti considerano “l’anello mancante” della sicurezza cloud: la necessità di una gestione granulare e dinamica degli entitlement che vada oltre i tradizionali modelli di controllo degli accessi. È qui che entra in gioco il Cloud Infrastructure Entitlement Management (CIEM), una disciplina emergente che si sta affermando come il pilastro mancante per una strategia IAM robusta e a prova di futuro.

Anatomia del Problema: La Crisi degli Entitlement nell’Era Cloud

Il Paradosso della Scalabilità Cloud

Il cloud computing ha promesso scalabilità infinita e agilità operativa, ma ha anche introdotto una complessità di gestione degli accessi che cresce esponenzialmente. Mentre un’infrastruttura on-premise tradizionale poteva contare su centinaia di utenti e migliaia di risorse, un ambiente cloud moderno può gestire decine di migliaia di identità (umane e non) e milioni di risorse dinamiche.

La matematica è semplice ma allarmante: in un ambiente multicloud tipico, ogni identità può potenzialmente avere accesso a migliaia di combinazioni di risorse e servizi. Moltiplicando questo per il numero totale di identità, si ottiene un universo di possibili configurazioni di accesso che supera le capacità di gestione manuale di qualsiasi team di sicurezza.

L’Esplosione delle Identità Non-Umane

Una delle trasformazioni più significative del panorama IT moderno è l’esplosione delle identità non-umane. Mentre le identità umane crescono linearmente con l’organizzazione, le identità macchina crescono esponenzialmente con l’adozione di tecnologie come:

  • Microservizi e Container: Ogni servizio containerizzato richiede le proprie credenziali e permessi
  • DevOps e CI/CD Pipeline: Sistemi di integrazione continua che necessitano di accessi automatizzati
  • IoT e Edge Computing: Dispositivi connessi che richiedono autenticazione e autorizzazione
  • Automazione Cloud: Script, Lambda functions e servizi serverless con identità dedicate
  • API e Service-to-Service Communication: Comunicazioni automatizzate tra servizi

Statistiche recenti indicano che le identità macchina superano ora quelle umane in un rapporto di 45:1 nelle organizzazioni cloud-native, e questo rapporto è destinato a crescere ulteriormente.

La Complessità dei Modelli di Permessi Cloud

Ogni cloud provider ha sviluppato un ecosistema unico di gestione degli accessi, creando sfide significative per la standardizzazione. Amazon Web Services ha costruito il suo approccio attorno al servizio Identity and Access Management con policy basate su JSON, distinguendo tra policy basate su identità e policy basate su risorse, mentre le Service Control Policies operano a livello organizzativo per fornire guardrail di sicurezza. La piattaforma ha anche abbracciato l’Attribute-Based Access Control avanzato per scenari di accesso più sofisticati.

Microsoft Azure ha preso una direzione diversa, integrando profondamente Azure Active Directory con il Role-Based Access Control, utilizzando Azure Resource Manager per la gestione delle policy e implementando Conditional Access policies per controlli contestuali. Il Privileged Identity Management aggiunge un ulteriore livello di protezione per gli accessi ad alto privilegio. Google Cloud Platform ha optato per un approccio basato su primitive di ruolo, distinguendo tra ruoli basic, predefiniti e personalizzati, mentre l’Organization Policy Service e i VPC Service Controls forniscono controlli aggiuntivi per la sicurezza del perimetro.

Questa diversità di approcci, pur riflettendo le diverse filosofie e punti di forza di ogni piattaforma, crea un ambiente frammentato dove la gestione coerente degli entitlement diventa più complessa.

Cos’è il CIEM e perché è fondamentale?

Definizione Tecnica e Funzionale

Il Cloud Infrastructure Entitlement Management (CIEM) è una soluzione di sicurezza progettata per gestire e proteggere le identità e i relativi permessi negli ambienti cloud.

Il CIEM si distingue dall’IAM tradizionale per il suo focus specifico sul “problema dell’entitlement”, che va ben oltre la semplice gestione delle credenziali per abbracciare la complessità dell’autorizzazione granulare in ambienti dinamici. Questa disciplina si articola attraverso diverse capacità fondamentali che operano in sinergia per fornire una gestione comprensiva degli accessi.

La capacità di discovery e inventario rappresenta il fondamento di qualsiasi implementazione CIEM efficace, consentendo l’identificazione automatica e continua di tutte le identità presenti nell’ambiente, dai tradizionali account utente alle complesse identità di servizio, insieme ai loro permessi associati. Questa funzionalità si estende attraverso tutti i livelli dell’infrastruttura cloud, dalle risorse ai servizi gestiti, creando una mappa completa del panorama degli accessi.

Il risk assessment continuo trasforma questo inventario statico in una valutazione dinamica del rischio, analizzando ogni configurazione di accesso attraverso multiple dimensioni come la sensibilità delle risorse, il comportamento storico delle identità, i pattern di utilizzo e le correlazioni con eventi di sicurezza. Questa analisi alimenta poi i meccanismi di remediation, che possono operare sia in modalità automatica per le correzioni a basso rischio, sia attraverso workflow di approvazione per le modifiche più impattanti.

La governance degli accessi si concretizza attraverso l’applicazione coerente di policy e controlli di conformità, mentre il monitoraggio continuo garantisce la rilevazione tempestiva di anomalie comportamentali o configurazioni rischiose, completando il ciclo di gestione degli entitlement con un approccio proattivo alla sicurezza.

Il rapporto tra CIEM e IAM rappresenta un’evoluzione naturale dell’architettura di sicurezza che riflette la complessità crescente degli ambienti cloud moderni. Mentre l’IAM tradizionale si concentrava su “Chi sei tu?” (autenticazione) e “Puoi accedere?” (autorizzazione base), il CIEM estende questo paradigma con domande più sofisticate:

  • “Quali sono le modalità di accesso a questa risorsa?”
  • “Quanto rischio rappresenta un particolare pattern di accesso?”
  • “Come dovrebbero evolvere i permessi basandosi sul comportamento effettivo degli utenti?”

Il Contesto Normativo e di Compliance

Il contesto normativo contemporaneo ha accelerato significativamente l’adozione del CIEM, trasformando quello che poteva essere considerato un “nice-to-have” tecnologico in un imperativo di compliance. Questo shift paradigmatico ha reso essenziali strumenti che possano fornire evidenza documentale e audit trail dettagliati.

Il CIEM risponde a questa esigenza fornendo capacità di tracciamento granulare che permettono alle organizzazioni di dimostrare chi ha accesso a specifici set di dati personali in qualsiasi momento, facilitando l’implementazione del principio di minimizzazione dei dati attraverso l’applicazione automatica del principio del minimo privilegio. Inoltre, quando gli interessati esercitano i loro diritti sotto il GDPR, il CIEM fornisce gli strumenti necessari per identificare rapidamente tutti i sistemi e le identità che potrebbero aver avuto accesso ai loro dati.

Regolamentazioni settoriali come HIPAA nel settore sanitario, PCI-DSS per il settore finanziario, e SOX per le società quotate in borsa, hanno requisiti specifici per il controllo degli accessi che il CIEM può automatizzare e monitorare. Questa automazione non solo riduce il carico di lavoro manuale richiesto per la compliance, ma fornisce anche un livello di consistenza e accuratezza difficile da raggiungere con processi manuali.

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Le Sfide della Gestione degli Accessi nel Cloud

  • Visibilità, solo la punta dell’iceberg: uno dei problemi principali nel gestire gli accessi nel cloud è che “non si vede quasi nulla“. I team di sicurezza riescono a monitorare solo una parte degli accessi effettivi, spesso appena il 20-30%. Il resto resta sommerso, come la parte nascosta di un iceberg. Ma cosa rende così difficile avere una visione completa? Innanzitutto, c’è il fenomeno del Shadow IT: reparti o team che adottano strumenti cloud senza passare dall’IT centrale. Questo crea aree d’ombra, dove i rischi esistono ma non si vedono. A questo si aggiungono gli accessi indiretti: un utente può ottenere permessi semplicemente perché appartiene a un gruppo o ha un certo ruolo, rendendo difficile capire da dove arrivi davvero quel privilegio. Poi ci sono i permessi “dimenticati”, magari legati a vecchi progetti o ruoli che non esistono più, ma che nessuno ha mai rimosso. E che dire degli accessi tra account o tra ambienti diversi, che complicano ulteriormente il quadro? Infine, ci sono le credenziali temporanee, nate per essere usa-e-getta, ma che a volte restano in giro più del dovuto, esponendo l’organizzazione a rischi evitabili.
  • Permessi che si accumulano nel tempo: un’altra sfida è quella che viene chiamata “permission drift”, cioè l’accumulo progressivo di permessi nel tempo. Capita spesso che un utente, cambiando ruolo o lavorando a più progetti, si porti dietro i vecchi accessi. Magari nessuno li revoca, perché sembrano innocui, e così l’account diventa sempre più “potente” – e potenzialmente pericoloso. Questo succede per tanti motivi: un collaboratore cambia team, partecipa a un progetto temporaneo, oppure gli vengono dati permessi “extra” per sicurezza, che poi restano lì anche quando non servono più. Se non c’è un processo chiaro e periodico di revisione, questi permessi si accumulano e possono diventare una porta d’ingresso per eventuali attacchi.
  • Regole diverse per ogni cloud: ogni provider cloud parla la sua lingua quando si tratta di gestire gli accessi. AWS, Azure, Google Cloud e altri usano formati e modelli diversi per definire le policy: JSON, YAML, linguaggi proprietari… ognuno con le sue logiche, i suoi meccanismi di ereditarietà, le sue regole di negazione o concessione. Gestire tutto questo in modo coerente è complicato. È come dirigere un’orchestra in cui ogni musicista suona uno spartito diverso, con strumenti che funzionano in modo proprio. Il rischio è di perdere il controllo, o di introdurre errori senza nemmeno accorgersene.
  • L’identità federata, vantaggi e complessità: l’identità federata è comoda per gli utenti – un solo accesso per tutto – ma dal punto di vista della sicurezza è tutt’altro che semplice. Bisogna gestire come gli attributi dell’utente vengono tradotti in permessi, quanto durano i token di accesso, chi si fida di chi, e come vengono creati gli accessi temporanei (Just-in-Time provisioning). Tutta questa flessibilità va gestita con attenzione, altrimenti si rischia di aprire falle proprio nel cuore del sistema di autenticazione.

Perché il CIEM può fare la differenza?

Più visibilità, più controllo: le soluzioni CIEM di nuova generazione offrono una visione completa e dettagliata degli accessi nel cloud. Non si limitano a elencare utenti e permessi, ma aiutano davvero a capire cosa succede. Attraverso mappe di calore, grafici interattivi, timeline e dashboard intelligenti, è possibile individuare subito le aree più critiche e i comportamenti sospetti. Tutto viene monitorato, anche le identità non umane, come bot o servizi automatizzati. E grazie a un inventario dinamico, si può tracciare il ciclo di vita completo di ogni identità, dalla creazione alla disattivazione.
Automazione intelligente: un buon CIEM non si limita a eseguire regole fisse, ma impara dai comportamenti, distingue tra accessi normali e anomali, e reagisce in modo proporzionato. Se rileva qualcosa di strano, può iniziare con un avviso, poi limitare i permessi temporaneamente, e solo se serve arrivare alla revoca. In più, se un intervento automatico crea problemi, può essere annullato con un rollback. E per i cambiamenti più delicati, c’è sempre il coinvolgimento degli stakeholder tramite workflow di approvazione. Grazie all’approccio Policy as Code, anche la gestione delle regole diventa più moderna e sicura: versionata, testabile, auditabile.
Accesso basato sul rischio: Il CIEM moderno non ragiona in modo binario. Valuta ogni richiesta d’accesso in base a chi la fa, cosa vuole fare, dove si trova, quando lo chiede, e quale dispositivo usa. Tutti questi elementi generano un punteggio di rischio, che si aggiorna in tempo reale grazie all’analisi comportamentale e ai feed di minacce. In base a questo punteggio, il sistema può decidere se concedere, negare o richiedere ulteriori verifiche. È un approccio flessibile e intelligente, che protegge meglio senza rallentare chi lavora legittimamente.
Compliance senza fatica: il CIEM aiuta moltissimo anche sul fronte della compliance. Mappa automaticamente i requisiti normativi con le configurazioni reali del cloud, segnala subito eventuali violazioni, e – dove possibile – le corregge da solo. In più, genera report e dashboard personalizzati, sia per gli auditor che per i manager o il team operativo. Con pochi clic si può passare da una visione generale ai dettagli tecnici, esportare tutto per gli audit, e avere sempre la situazione sotto controllo.

In un mondo cloud sempre più complesso, avere una soluzione CIEM significa controllare gli accessi in modo più intelligente, dinamico e sicuro. Non solo per ridurre i rischi, ma anche per lavorare meglio, più velocemente e in linea con le normative.

Come Implementare una Strategia CIEM Efficace: Guida Pratica e Concreta

Implementare una strategia CIEM non significa semplicemente acquistare uno strumento: è come mettere ordine in una città in cui nessuno sa esattamente chi può entrare dove, quando, e perché. Serve metodo, visione d’insieme e soprattutto un piano in più fasi. Vediamo come fare, passo dopo passo, con esempi concreti.

1. Scoprire Chi Ha Accesso a Cosa

Immagina di dover gestire la sicurezza di un grande edificio con decine di piani, stanze e porte. Prima di cambiare le serrature, è fondamentale sapere chi ha le chiavi, quali stanze esistono e chi ci entra ogni giorno. È questo il cuore della fase iniziale: la mappatura degli accessi.

Cosa fare:
➡️ Scansionare tutti gli ambienti cloud per identificare tutti i tipi di identità:
• Dipendenti, consulenti esterni, partner.
• App e script che si connettono automaticamente.
• Dispositivi come laptop, smartphone o sensori IoT.
➡️ Mappare le risorse a cui queste identità accedono: database, server, file, funzioni serverless, ecc.
➡️ Capire quali permessi sono stati concessi e in che modo: direttamente, tramite gruppi, o attraverso relazioni tra più account.

🎯 Esempio:
Scopri che uno script automatico usato per test è ancora attivo e ha i permessi di amministratore in produzione. Nessuno lo usa più da mesi. Un rischio serio, invisibile… finché non lo mappi.

2. Progettare Regole di Accesso Semplici ma Efficaci

Una volta scoperto il caos, bisogna mettere ordine. Questa fase è simile a progettare un sistema di badge per un’azienda: ogni dipendente ha accesso solo alle stanze in cui deve effettivamente lavorare.

Come organizzare le regole:
➡️ Linee guida generali: ad esempio, “nessuno può accedere ai dati finanziari se non lavora in contabilità.”
➡️ Regole per reparto o funzione: i team tecnici avranno accesso ai server, il marketing ai dati dei clienti, ecc.
➡️ Eccezioni e casi speciali: accessi temporanei, orari limitati, accessi legati a determinati contesti (come un progetto specifico o una localizzazione geografica).

🎯 Esempio:
Un’azienda crea una regola che permette agli sviluppatori di accedere ai server solo nei giorni lavorativi, e solo da indirizzi IP aziendali. In caso di emergenza, possono richiedere l’accesso straordinario tramite un sistema automatico di approvazione.

3. Automatizzare il Processo (Evitando Errori Umani)

La gestione manuale dei permessi è come aggiornare a mano ogni giorno la lista degli ospiti di un hotel enorme. Impossibile farlo bene e in tempo. Qui entra in gioco l’automazione.

Come automatizzare:
➡️ Il sistema controlla costantemente se qualcuno ottiene accessi nuovi o insoliti.
➡️ In caso di comportamento sospetto (es. un dipendente marketing accede a un database ingegneristico), si attiva un alert o una correzione automatica.
➡️ Accessi non più utilizzati da settimane vengono automaticamente revocati.

🎯 Esempio:
Ogni volta che viene creato un nuovo utente in un team, il sistema assegna i permessi minimi per quel ruolo. Se dopo 30 giorni non ha mai usato certi accessi, questi vengono automaticamente rimossi.

4. Monitoraggio e Miglioramento Continuo

Come ogni sistema di sicurezza, anche il CIEM deve essere vivo e reattivo. Il lavoro non finisce con l’implementazione iniziale.

Come mantenere tutto sotto controllo:
➡️ Il sistema impara nel tempo qual è il comportamento “normale” di ogni identità.
➡️ Rileva anomalie (come accessi notturni o da Paesi insoliti).
➡️ Fornisce metriche utili: quanto tempo serve a correggere un’anomalia? Quanti accessi non necessari sono stati rimossi?

🎯 Esempio:
Dopo aver rilevato che un contractor ha iniziato a scaricare grandi volumi di dati nel weekend, il sistema blocca temporaneamente l’accesso e notifica il team di sicurezza. Il rischio è stato evitato in tempo.


Conclusioni

Il Cloud Infrastructure Entitlement Management rappresenta molto più di una semplice evoluzione tecnologica: è un cambio di paradigma fondamentale nel modo in cui concepiamo e implementiamo la sicurezza negli ambienti cloud. Come abbiamo visto attraverso questa analisi approfondita, il CIEM non è semplicemente un add-on alle soluzioni IAM esistenti, ma piuttosto il tessuto connettivo che trasforma approcci di sicurezza frammentati in un ecosistema coeso e intelligente.

L’adozione del CIEM diventa non solo una necessità tecnica, ma un imperativo strategico per le organizzazioni che vogliono prosperare nell’era cloud. Le organizzazioni che implementeranno soluzioni CIEM mature saranno in grado di raggiungere un equilibrio precedentemente impossibile tra agilità operativa e rigore di sicurezza, aprendo nuove possibilità per l’innovazione digitale sicura.

Il viaggio verso una gestione degli entitlement matura richiede vision, investimento e commitment a lungo termine, ma i benefici – in termini di sicurezza, compliance, efficienza operativa e abilitazione del business – giustificano ampiamente questo sforzo. Il CIEM non è il futuro della sicurezza cloud: è il presente che molte organizzazioni stanno ancora scoprendo.

L’evoluzione continua di questo campo, guidata dall’integrazione di AI, ML e tecnologie emergenti, promette di trasformare ulteriormente il panorama della sicurezza, rendendo gli ambienti cloud non solo più sicuri, ma intrinsecamente intelligenti e auto-adattivi. Per i leader IT e di sicurezza, il momento di agire è ora: il CIEM non è più una opzione nice-to-have, ma una componente essenziale per qualsiasi strategia di sicurezza cloud che aspiri alla eccellenza.


Letture consigliate

Ecco delle letture consigliate che approfondiscono i temi della cybersecurity e del CIEM:

Mastering Cloud Security Posture Management

di Qamar Nomani

Questo manuale completo rafforza la tua postura di sicurezza cloud (CSPM) in ogni suo aspetto, dalla progettazione dell’infrastruttura alle strategie di implementazione e automazione. Imparerai a scegliere lo strumento CSPM più adatto per correggere le misconfigurazioni critiche e a ottimizzare la conformità con un approccio “secure-by-design”. Il testo approfondisce best practice operative, gestione delle vulnerabilità e threat hunting, fornendo competenze pratiche e immediate. Vengono trattati temi avanzati come la scansione dell’Infrastructure as Code (IaC) e l’integrazione DevSecOps.

Multi-Cloud Mastery

di Adam Robertson

Questo manuale svela come dominare Kubernetes in ambienti multi-cloud, trasformando la complessità in un vantaggio strategico. L’autore offre strategie concrete per progettare architetture resilienti, scalabili e flessibili, affrontando le sfide operative più critiche. Un focus centrale è dedicato alla sicurezza end-to-end, con l’implementazione di pratiche avanzate come l’architettura zero-trust. Attraverso guide passo-passo ed esempi reali, imparerai a eseguire deployment sicuri e ad alte prestazioni. Vengono inoltre esplorate tecniche di monitoraggio proattivo per garantire la massima continuità operativa.

Cloud-Based Cyber Security

di Joanna Berlin & Patrick Young

In un’epoca in cui il cloud è un campo di battaglia strategico, questo libro offre una mappa per la difesa digitale. Gli autori analizzano le fondamenta della sicurezza cloud, ponendo un’enfasi cruciale sulla gestione delle identità e sulla protezione dei dati. Viene poi esplorato il mondo della cyber warfare, svelando le tattiche con cui gli avversari colpiscono le infrastrutture. Attraverso casi studio reali, il testo illustra come difendersi da minacce avanzate e garantire la conformità normativa. Si tratta di una guida completa per comprendere le vulnerabilità sistemiche e le strategie per neutralizzarle.

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FAQ – Domande Frequenti sul CIEM

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